PROLOGO

 

            Falls Church, Virginia, qualche tempo fa. Elizabeth Mary Mace è appena rientrata nella sua casa, Il prossimo fine settimana magari tornerà dai suoi genitori ma ora non riesce a sopportare i loro sguardi, il dolore negli occhi di sua madre, lo stordimento nel viso di sua sorella.

Sa che nessuno di loro la rimprovera, ma è lei stessa a rimproverarsi anche se razionalmente sa che non avrebbe potuto fare nulla. Stress da sopravvissuto la chiamano i dottori, ma a lei non importa.

            Ha rifiutato la compagnia di Marty Mitchell, non ha risposto alle telefonate di Michael Rossi e medita di congedarsi e andare da qualche parte, il più lontano possibile, dove non debba ricordare ogni giorno.

            Appena entrata in camera da letto, nota su una sedia uno dei suoi costumi da American Dream. No… è diverso: niente scollatura sulla punta superiore della stella e la cotta di maglia è un po’ più spessa, è un costume da Capitan America e quello posato su di esso sembra…è possibile che sia davvero lo scudo di…

-È proprio quello vero.- dice una voce alle sue spalle.

Liz si volta di scatto per trovarsi di fronte un uomo dai capelli biondi. Per un attimo spera irragionevolmente che sia suo fratello, poi lo riconosce:

-Tu… sei Steve Rogers. Maledetto!-

            Lo aggredisce picchiandolo ripetutamente sul petto. Steve non reagisce e la lascia sfogare.

-Maledetto. È colpa tua: se tu non avessi deciso di ritirarti, Jeff non sarebbe mai diventato Capitan America e non sarebbe morto.-

            Smette di colpirlo e comincia a piangere, appoggiando la testa sul petto di Steve.

-Lo so.- risponde quietamente lui –Mi dico che è stato lui a fare le sue scelte, ma in realtà penso che avrei dovuto esserci io al suo posto.-

-E ora che farai? Rivuoi il ruolo per te? Perché hai portato qui il tuo costume?-

-È il tuo costume, non il mio. Il mio tempo è passato ormai. Ho altri ruoli adesso e mi vanno bene come sono, ma non per questo Capitan America deve scomparire.-

            Liz guarda il costume e lo scudo.

-No! Non puoi parlare sul serio... io… non posso… non adesso.-

-Capisco. Comprendo il tuo dolore. Hai voglia di scappare, vero? Non servirà: il dolore ti raggiungerà dovunque tu vada. Affrontalo e non permettere che ti consumi. Tuo fratello non l’avrebbe voluto, lo sai… io credo che tu lo sappia. Tuo padre mi ha detto una volta che tu pensavi di poter essere un buon Capitan America e che pensavi che fosse stupido e sessista impedire ad una donna di esserlo. Bene… perché non provi a dimostrarci che è vero?-

            Liz non risponde e Steve, anche lui in silenzio, le stringe le mani, poi si volta ed esce.

            Liz sente la porta che si chiude, ora è di nuovo sola, sola con le sue scelte. Osserva il costume, scuote la testa, poi torna ad osservarlo e quindi comincia a spogliarsi. Infine, quando è solo in mutandine e reggiseno, prende il costume.

Comincia coi pantaloni e gli stivali, poi la maglia. Le sta perfettamente, chiunque l’abbia preparata conosceva le sue misure. Diavolo di un Rogers… o è sempre stato il tuo piano di riserva Jeff?

            Infila la maschera e prende in mano lo scudo, lo bilancia nella mano. Che arma perfetta, pensa, sembra fatta apposta per me.

            Va bene… Jeff… Rogers…avete vinto: ci sarà ancora Capitan America…io sarò… sono Capitan America.[1]

 

 

       

N° 100

 

SENTINELLA DELLA LIBERTÀ

 

Di Carlo Monni (con concetti e personaggi di Fabio Volino e Andrea Garagiola)

 

 

PARTE PRIMA

 

I VECCHI SOLDATI NON MUOIONO MAI

 

 

1.

 

 

            Cimitero Nazionale di Arlington, Virginia, oggi. I nomi sulle due lapidi di marmo bianco sono rispettivamente: Tenente Martin Luther King Mitchell USN[2] e Colonnello Michael Rossi USAF.[3] E sotto di essi sono iscritte le date di nascita e di morte.

La giovane donna in piedi davanti ad esse indossa l’uniforme verde oliva dei Marines, sulle spalline una foglia di quercia dorata la identifica come Maggiore. Il vento le increspa i capelli biondi mentre si inginocchia e depone dei fiori ai piedi di ciascuna di esse sussurrando:

-Mi dispiace.-

            Sul volto di Elizabeth Mary Mace un ‘espressione di infinita tristezza. Ha amato quei due uomini e loro l’hanno amata. Questo non ha niente a che fare con il motivo per cui sono stati uccisi, lei lo sa, ma non può provare un assurdo senso di colpa perché loro sono morti e lei è ancora viva. Sindrome del sopravvissuto, la conosce bene sin da quando ha visto esplodere l’edificio in cui era intrappolato suo fratello Jeff.[4]

            Poco distante da lei c’è un’altra donna, alta, slanciata, corti capelli castani, indossa l’uniforme blu dell’Esercito ed ha i gradi di Colonnello. Allunga la mano e stringe la sua. Liz sorride.

-Ho un’ultima cosa da fare.- dice.

            Percorre un viale tra due file di tombe e si ferma davanti ad una che è sormontata da un monumento che raffigura Capitan America. Il Mondo crede che li sotto sia sepolto l’originale Sentinella della Libertà ma lei sa che non è proprio così e non è la sola.

            Assorto davanti alla tomba c’è un uomo dai capelli biondi che indossa un sobrio abito scuro e porta occhiali con una montatura semplice. Liz non è sorpresa di trovarlo lì proprio oggi.

-Buongiorno Mr. Rogers.-

-Quando imparerai che devi chiamarmi Steve, figliola?- replica lui con un lieve sorriso.

-Quando lei imparerà a chiamarmi Liz e non “figliola”, Signore.- ribatte lei.

-Buona risposta fi… Liz. Devi perdonarmi, ma sono più vecchio di quanto sembro e qualche volta mi comporto come tale.-

-Solo qualche volta?-

-Toccato. Sei qui per lui?-

            Accanto al monumento c’è una lapide accanto a cui sventola a mo’ di bandiera, un pezzo di stoffa su cui spiccano una stella bianca e delle strisce verticali bianche e rosse.

-È tutto quello che rimane di Jeff.- dice, cupa Liz -Qualche brandello di stoffa e dei frammenti di ossa da cui non è stato possibile nemmeno estrarre il DNA.-

-Ha dato la vita per ciò in cui credeva.- dice Steve Rogers.

-E questo dovrebbe confortarmi? Io lo vorrei vivo e vorrei che lo fossero anche Marty Mitchell e Mike Rossi. Perché sono dovuti morire? Perché non ho potuto aiutarli?-

-Dunque è questo che ti tormenta? Ti capisco. Per anni mi sono sentito così a proposito della mia spalla Bucky: che mi era saltato in mente di portarmi dietro un ragazzino? Tutto quello che gli è capitato deriva da quell’errore.-

-E come lo affronti?-

-Come tutti, immagino un giorno alla volta e cercando di fare la cosa giusta per rimediare.-

-Lo fai sembrare facile.-

-Perché lo è,.-

            Liz abbozza un sorriso e depone un ultimo mazzo di fiori alla base dell’asta e poi dice:

-Devo andare adesso.-

-Vedo che Carolyn St. Lawrence ti sta aspettando.-

-La conosce?-

-Mi piace essere informato. È una donna in gamba e se l’è cavata perfino contro Hulk.-

            Liz non sa perché dice proprio a lui quel che le esce dalle labbra subito dopo:

-Io e lei… stiamo insieme.-

-Oh!-

-Scandalizzato?-

-Solo sorpreso.  Non credevo che tu…-

-A volte le cose accadono quando meno te lo aspetti. Tu sei il primo a cui lo dico.-

-Perché?-

-Perché mi fido di te.-

-No, intendevo dire: perché sono il primo? Perché stai tenendo questa cosa segreta? Quando ero ragazzo era considerata una cosa da nascondere, di cui vergognarsi, ma oggi non è più così, quindi perché lo tenete segreto?-

-Di questi tempi il clima nelle Forze Armate non è…-

-Balle! Credi di essere nel giusto? E allora non nasconderti e combatti per i tuoi diritti.-

            Liz è scossa da quelle parole e dopo qualche istante replica:

-Io… ci penserò.-

            Si allontana rapidamente e raggiunge Cary St. Lawrence che le chiede:.

-Chi era quel tipo?-

-Uhm… mio zio Steve.- risponde Liz di getto.

-E che ti ha detto in modo così animato?-

-Che sono una vigliacca… e ha ragione.-

 

            Base Navale di Norfolk, Virginia. Ogni mattina da quando ha cominciato il percorso di disintossicazione dall’alcool, il Tenente di Marina Franklin Mills ha seguito un rigido programma di pesanti esercizi fisici tra cui dieci giri di corsa della base con uno zaino di dieci chili sulle spalle, seguiti da una mezz’ora di allenamento in vari stili di arti marziali ed infine un po’ di esercizi yoga. Lo scopo di tutto è mantenere in efficienza corpo e mente in vista delle sfide che lo attendono

            Mentre si infila la candida divisa estiva, Mills ripensa alle molte cose che sono andate storte nella sua vita tra cui l’aver scoperto che un’organizzazione segreta aveva manipolato la sua mente per renderlo un burattino ai suoi ordini. Alla fine ha trovato la forza di ribellarsi dal condizionamento ma questo non è bastato a placare il suo animo inquieto,             Liz Mace lo ha esortato ad andare avanti, a non mollare ma Liz è parte del problema perché lui è stato innamorato di lei dai tempi dell’Accademia Navale ma naturalmente anche lì le cose sono andate storte tanto per cambiare.

            Cerca di scacciare quei pensieri, si guarda un’ultima volta allo specchio, si aggiusta il berretto, afferra la valigetta ed esce.

            Nel piazzale del parcheggio c’è una Toyota Corolla rossa a cui è appoggiata una giovane donna dai voluminosi capelli neri trattenuti a stento dal berretto d’ordinanza e che indossa la divisa dell’Aviazione.

-Tenente Perrywinkle!- esclama Franklin -Come mai qui?-

-Pensavo che potesse farle comodo un passaggio, Signore.- risponde Diane Perrywinkle -E visto che ero in zona…-

-Beh… sono perfettamente in grado di guidare… ma perché no?- replica lui sorridendo -Non mi dispiace affatto viaggiare in compagnia di una bella donna. Ah, niente Signore. Io ti chiamerò Diane o forse Perry, devo ancora decidere e tu puoi chiamarmi Frank.-

-È un po’ irregolare ma ci proverò… Frank.-

            Prima di salire sull’auto, Mills sistema la sua valigetta sul sedile posteriore.

-Cosa c’è dentro?- chiede Diane.-

-Qualche documento ed alcuni effetti personali.- risponde Franklin -Nulla di importante.-

            O almeno è quello che tu devi credere, pensa. Si siede al posto del passeggero e subito dopo Diane parte sgommando.

-Posso farti una domanda, Perry?- le chiede lui una volta partiti.

-Se vuoi sapere se ho un fidanzato, la risposta è no.- risponde la ragazza -Se invece vuoi sapere se sono mai stata a letto con un mio superiore, ti rispondo che non sono affari tuoi.-

-Ho recepito il messaggio.- replica Mills sorridendo -In realtà volevo chiederti se hai mai volato. Come pilota intendo… o sei sempre stata alla 25°?-[5]

            Diane stringe le labbra e poi risponde:

-Sono stata sugli F15 e sugli F22, poi sono stata assegnata alla 25°.- una lunga pausa e quindi aggiunge -Ti sei mai chiesto perché sono ancora Tenente?-

-Ho il sospetto che tu stia per dirmelo.-

-Avevo completato con successo i miei primi due anni come Tenente ed ero nella lista delle promozioni a Capitano. Il mio superiore di allora allungò le mani dove non doveva e ricevette un calcio nelle palle. Denunciai la cosa al Comando. Lui fu trasferito in Germania ed il mio nome scomparve dalla lista delle promozioni di quell’anno e dei successivi.-

-Una bella vigliaccata!- esclama Mills -In pratica sei stata punita per aver fatto il tuo dovere.-

-Non pensiamoci più.- ribatte lei

            Franklin Mills serra le labbra pensieroso.

 

            Prigione di Lefortovo, Distretto di Lefortovo, Città Federale di Mosca, Capitale della Federazione Russa. Di solito si dice: non sa più da quanto tempo è imprigionato qui, i giorni sono tutti uguali ed altre frasi fatte del genere. Non è così per l’uomo chiamato Michael Rogers. Lui sa esattamente da quanto tempo è “ospite” del sistema penitenziario russo: sei mesi, venti giorni, 14 ore e 32 minuti. Li ha contati con precisione assoluta mentre aspettava l’occasione giusta per fuggire, perché non ha alcun dubbio che ci riuscirà prima o poi: non hanno ancora costruito la prigione capace di trattenerlo.

            Quando la porta della cella si apre Rogers rimane sorpreso. Non è l’ora d’aria e nemmeno dei pasti. Che sta succedendo?

            Entrano tre poliziotti penitenziari ed il capo intima:

-In piedi prigioniero Rogers e porgi i polsi.-

Gli incatenano i polsi e le caviglie e lo spingono nel corridoio. Lui non oppone resistenza. Non è ancora il momento, pensa.

            Alla fine del corridoio c’è un una donna bionda con la divisa di ufficiale del F.S.B.[6] che evidentemente lo sta aspettando.

-Sono il Maggiore Ludmilla Sergeievna Antonova.- si presenta -Lei è Michael Walter Rogers?-

-Così dicono.- ribatte lui sarcastico.

            La donna fa una smorfia di disapprovazione e replica:

-Prigioniero Rogers, questo è un ordine di trasferimento alla Lubyanka fino a tutta la durata del suo processo.[7] Sarà sotto la giurisdizione del mio Servizio e l’avvento che non sarà un cambiamento in meglio.-

            Rogers si guarda attorno, sogghigna e commenta:

-Sarà un peccato lasciare questo hotel a cinque stelle.-

            Una delle guardie lo colpisce all’addome con un manganello e lui stringe i denti senza emettere un gemito.

-Non è nella posizione di fare dell’umorismo, Rogers.- ribatte, gelida, la donna -Lei ha partecipato attivamente ad un complotto per assassinare il Presidente e l’intero Consiglio di Sicurezza Nazionale.[8] In altri tempi non avremmo aspettato un processo dall’esito scontato per piantarle una pallottola nella nuca.-

-Che peccato che non siano più quei tempi eh?-

-Silenzio! Andiamo adesso.-

            In cortile li attende un furgone carcerario e Rogers viene spinto dentro. Due guardie si siedono ai suoi lati e la donna che si fa chiamare Ludmilla Antonova si sistema davanti a lui.

            Il furgone lascia il carcere e si addentra nelle vie trafficate di Mosca. Passa circa mezz’ora poi una delle guardie esclama:

-Questa non è la strada per la Lubyanka!-

-No.- è la fredda replica di Ludmilla Antonova.

            Estrae la pistola e colpisce con precisione le due guardie uccidendole all’istante poi si libera del berretto e prende le chiavi delle manette.

-Sapevo che non eri morta, Melina.- dice Rogers con un sogghigno.

-E spero che non avrai creduto che ti avrei lasciato marcire in prigione, Compagno Rogers.- replica Melina Alexievna Solokova, meglio nota in certi ambienti come Iron Maiden -Non ho dimenticato che mi hai trovato mentre annegavo nell’autocommiserazione e mi hai dato un’occasione di riscatto. Perdonami per averci messo tanto tempo.-

-Non c’è niente da perdonare.- ribatte Rogers massaggiandosi i polsi -Gli altri della squadra?-

            Iron Maiden scuote la testa.

-Crimson Commando e Nuke sono stati portati in una speciale prigione per superumani chiamata Cupola in Siberia. Anche se fossi riuscita ad avervi accesso, Nuke è nell’area ospedaliera in coma.-

-E Gail?-

-Questo è il bello: pare che la Russia sia rientrata nello S.H.I.E.L.D. e visto che la Runciter è una loro agente rinnegata, il Presidente ha acconsentito ad affidarla alla loro custodia Nessuno sa dove sia, forse è stata rispedita in America per essere processata lì.-

-Penseremo anche a lei una volta al sicuro. Dove stiamo andando?-

-In un piccolo aeroporto dove ci aspetta un jet che ci porterà fuori dalla Russia.-

-Non puoi aver organizzato tutto da sola. Chi ti ha aiutato?-

            Melina fa un sorrisetto e risponde:

-Abbiamo un alleato con mezzi abbastanza vasti da procurarci identità false ed i mezzi per andarcene. In cambio dovremo svolgere per loro un certo lavoro.-

-Nessuno fa mai niente per niente.- commenta Rogers.

            Il furgone raggiunge la sua meta e tutti scendono. Iron Maiden indica un piccolo edificio.

-Là potremo cambiarci con abiti meno appariscenti.- dice.

-Perfetto.-

            Intanto l’autista si è tolto il berretto e la pallida luce del luogo illumina il volto di un uomo di circa trent’anni, con i capelli biondi tagliati alla militare, occhi azzurri freddi come il ghiaccio.

-Ti presento Vladimir Ilyich Ulianov.- dice Melina a Rogers -È un ex spetsnaz e nel nostro ambiente è noto come…-

-Lenin, ovviamente- ribatte l’altro -Ho sentito parlare di lui. Immagino che lavori per il nostro misterioso committente.-

-Esatto. Come avrai capito, non è un chiacchierone.-

-Il che è una virtù… a volte.-

            Qualche minuto dopo, sbarazzatisi rispettivamente della divisa da carcerato e di quelle da ufficiale del F.S.B. e guardia penitenziaria i tre salgono a bordo del jet in attesa che poco dopo decolla. Sotto di loro, il furgone che li ha portati fin lì esplode.

 

 

2.

 

 

            Camp Lehigh, Virginia. Una volta questo era un centro di addestramento dell’Esercito. Fu chiuso poco dopo la fine della Guerra di Corea. Per decenni qui ci sono state solo erbacce e costruzioni di legno sempre più fatiscenti, anche le recinzioni erano crollate. La natura si stava riprendendo ciò che un tempo era suo.

Un giorno qualcuno al Dipartimento della Difesa ha deciso che quel luogo era perfetto per ospitare una nuova struttura interforze il cui compito era di occuparsi di minacce non convenzionali alla sicurezza militare interna ed esterna e così Camp Lehigh è tornato a nuova vita.

La struttura ha un nome ufficiale ovviamente ma per tutti coloro che ci lavorano o ci hanno comunque a che fare è semplicemente la Task Force Camp Lehigh.

 Il suo comandante è il Brigadiere Generale Joseph Kragg. Avete presente il classico comandante di certi film di ambiente militare: burbero, con un caratteraccio ma in fondo con un cuore d’oro? Beh, il Generale Kragg è proprio così. L’uomo dai baffi e capelli bianchi che veste un completo blu ci rivede un po’ se stesso…benda sull’occhio sinistro a parte s’intende.

-Beh, Joe. Quanto ci mettono i tuoi ragazzi ad arrivare?- gli chiede.

-Saranno puntuali, Signore.- ribatte Kragg.

-Rilassati, Joe e non essere così formale, non sono più un tuo superiore ma un semplice consulente. Puoi chiamarmi Thad o Thunderbolt.-

            La porta dell’ufficio si apre ed entrano due uomini e tre donne in uniforme. Kragg li presenta velocemente al suo ospite, poi dice:

-Tutti voi conoscete il Generale in congedo Thaddeus E. Ross, credo,-

-Io non l’avevo mai incontrato prima ma ovviamente l’ho sentito nominare.- precisa Franklin Mills -I suoi scontri con Hulk sono leggendari.-

-E segnati nei manuali di tattica al capitolo: “Errori da non ripetere”.- replica Ross.

-Uhm… io…-

-Si rilassi, Tenente, sono io il primo a riconoscere di aver commesso stupidaggini. Per fortuna il Generale Kragg ha mostrato più buon senso di me quando dava la caccia a Machine Man.-

            Kragg si schiarisce la voce e prosegue:

-Come sapete, adesso il Generale Ross è consulente del Dipartimento della Difesa per le questioni legate ai superumani e simili.-

-In pratica è il nostro supervisore politico.- puntualizza Liz Mace.

-Definizione abbastanza corretta. Vi capisco se la cosa vi infastidisce, anche io ero insofferente ai controlli politici ed ora sono uno dei controllori. In ogni caso al Pentagono conoscono la mia fama e mi hanno assegnato come aide-de-camp il Tenente Ann Benedict, per assicurarsi che non combini pasticci.-

-Non è affatto vero, Generale.- replica la giovane donna dai capelli rossi ed in divisa dei Marines rimasta finora silenziosa -E comunque nessuno sarebbe capace di impedirle di fare quello che vuole, tantomeno io.-

-Vedo dalle sue mostrine che è pilota, Tenente.- interviene Franklin Mills.

-Elicotteri d’assalto e di soccorso.- precisa la ragazza -Era il mio incarico prima di essere assegnata al Generale Ross.-

-Scusate se v’interrompo…- interviene, pacato, Ross -… ma io sarei qui per essere aggiornato sull’affare cloni.-

-Si fa molto presto: non ci sono aggiornamenti.- replica Cary Sr. Lawrence -Abbiamo controllato il personale di questa base e del Pentagono ed abbiamo smascherato i cloni infiltrati dai russi prima e dall’Hydra poi o escluso la loro presenza ma siamo ben lontani dall’aver controllato tutto il personale militare, un lavoro titanico.-

-E probabilmente del tutto inutile.- precisa Ross -Presumibilmente l’Hydra ha puntato solo i funzionari di alto livello, tuttavia…-

-Tuttavia…?- chiede Liz.

-Anche se il Dipartimento della Difesa è stato... bonificato, la minaccia alla sicurezza militare da parte dell’Hydra rimane e quindi proseguirete la vostra indagine sino ad escludere completamente qualsiasi pericolo al riguardo.-

            Non chiedo di meglio, pensa Liz Mace.

 

            Da qualche parte nel Lower West Side, Manhattan, New York City. L’appartamento è piccolo ma spazioso quanto basta per I suoi tre attuali occupanti: due uomini ed una donna tutti biondi e tutti in perfetta forma fisica.

-È una delle case sicure che mantengo in caso di emergenza.- spiega l’uomo dal ciuffo ribelle che si fa chiamare Mike Rogers -Questa è affittata a nome di William Burnside, scrittore. Un nome che ho scelto con un po’ di ironia.-

-Perché?- chiede Melina Solokova comodamente seduta su un divano. Parla Inglese con un riconoscibile accento russo.

-È il vero nome dell’uomo che voi conoscete come Comandante Rogers e che ha agito come Capitan America per breve tempo negli anni 50.[9] Ha usurpato il nome di un membro della mia famiglia e questa è una cosa che non posso tollerare. Un giorno regoleremo definitivamente i conti io e lui.-

-Le vendette private possono aspettare.- interviene l’uomo chiamato Lenin -Sei stato liberato per un motivo.-

-E farò quel che devo, stai tranquillo.- ribatte Rogers -Prima, però, devo far visita ad un vecchio amico.-

 

            Complesso del Campidoglio, Washington D.C. uffici del Rappresentante del 13° Distretto dello Stato di New York Samuel T. Wilson. Il prestante afroamericano esamina per l’ennesima volta il rapporto che scorrere sullo schermo del computer sulla sua scrivania e scuote la testa perplesso. Sente che c’è qualcosa di sbagliato ma non riesce a capire cosa. Gli serve un secondo parere.

            Si alza e si reca nella stanza accanto. Una donna bionda ed attraente in tailleur blu marina è seduta ad una scrivania e solleva la testa al suo ingresso.

-Ho la sensazione che tu voglia chiedermi qualcosa, Sam…- dice -… e temo che non sia se sono libera per cena… e per il dopocena.-

-Purtroppo hai ragione, Nikki.- replica Sam Wilson -Tu lavoravi al Dipartimento di Stato, giusto?-

 -Ufficio Protocollo per essere esatti.- risponde Nikki Adams -Perché?-

-Vorrei che tu dessi un’occhiata ad un rapporto che viene proprio dal Dipartimento di Stato. Ho la sensazione che sia stato…-

-… manipolato? Forse è solo scarsa familiarità da parte tua con il linguaggio diplomatico. Ci darò subito un’occhiata. Dimmi di che si tratta.-

            Sam glielo spiega ed in secondo lei si collega alla pagina indicata e scarica il documento..

-Uhm, è un briefing dell’Ufficio di Intelligence e Ricerca sulle ultime iniziative antiterrorismo. Nulla di strano apparentemente, anche se…-

-Anche se…?-

-Non sono sicura. Apparentemente sembra tutto in ordine ma così d’istinto direi che questa è una versione purgata di alcuni passaggi.-

-Vuoi dire che è stata censurata?-

-Voglio dire che qualcuno ha cancellato alcune frasi, quindi la risposta è sì.-

-Puoi scoprire chi è stato?-

-Se la mia password del Dipartimento di Stato è ancora valida… lo è. Benedetti i burocrati che si sono dimenticati di cancellare il mio account quando sono stata licenziata. Questa è una lista di tutti coloro che hanno avuto accesso al documento prima che fosse inviato al DNI[10] ed alle commissioni di Camera e Senato.-

-Stampala, per favore, e poi esci.

            Nikki esegue poi, ammiccando, dice.

-Mi devi una cena… ed un sostanzioso dopocena.-

-Farò quel che posso.- replica Sam sorridendo.

-Adesso, però, da brava capo del tuo staff, devo ricordarti che tra mezz’ora hai un appuntamento con i delegati di un consorzio di costruttori interessati ad un progetto edilizio a Harlem, che per inciso è nel tuo Distretto.-

-Odio i lobbisti!- esclama Sam.

-Non stanno simpatici nemmeno a me, ma non hai modo di evitarli. Quel progetto è importante per la riqualificazione del tuo quartiere.-

            Sam sospira rassegnato.

 

 

3.

 

 

Complesso del Watergate, Palazzo Est, Foggy Bottom, Washington D.C.  I palazzi Sud ed Est di questo complesso edilizio divenuto famoso in tutto il mondo per lo scandalo politico che è costato, per la prima volta nella Storia, le dimissioni ad un Presidente degli Stati Uniti, hanno da sempre tra i loro inquilini i membri delle due camere legislative e del Governo federale. Sonny Burch non è un’eccezione. Giunto al piano del suo appartamento, lo stesso dove tra il 1969 e la prima metà degli anni 70, aveva abitato l’allora Procuratore Generale degli Stati Uniti John Mitchell, Burch congeda le sue guardie del corpo, ed entra.

Pregusta l’idea di farsi mandare una delle ragazze di un prestigioso e naturalmente carissimo servizio di escort ma dovrà rimandare.

            È appena entrato e la porta si è chiusa alle sue spalle che un braccio robusto gli serra il collo e l’affilata lama di un coltello gli accarezza la carotide, mentre una voce che sperava di non udire mai più gli sussurra:

-Ciao, Sonny.-

-Ro… Rogers?- balbetta Burch spaventato -Cre… credevo che… che fossi in prigione in Russia.-

-Dalle prigioni si può uscire, lo sai, Sonny.- ribatte in tono divertito Mike Rogers.

            Le luci si accendono di colpo e Sonny vede, seduta in una poltrona, con le gambe accavallate, una donna che indossa una tuta attillata dai riflessi metallici ed una maschera di metallo azzurro con fattezze femminili a coprirle il volto. Nella mano destra impugna una pistola russa PB dalla canna brunita.

-Dobryy vecher Gospodin Burch.- lo saluta in Russo.

-Lei… lei è…- balbetta ancora Burch.

-La conosci, vero? Il suo nome nella sua lingua è Zheleznaya Deva, Iron Maiden nella nostra, e ti assicuro che è ben meritato. Prima di mettersi in proprio era la migliore assassina dei servizi segreti russi.-

            Sonny Burch, è basso, sovrappeso con spessi occhiali da miope e decisamente non ha la tempra dell’eroe come dimostra la macchia che si allarga sui suoi pantaloni.

-Tranquillo, Sonny…- dice, ridacchiando Rogers -… non ti faremo del male se collaborerai.-

-Che… che cosa vuoi?-

-Sei un pezzo grosso adesso: Sottosegretario alla Sicurezza Interna. Nella tua posizione hai accesso a molti database. Se mi troverai certe informazioni non solo resterai vivo ed in buona salute ma non divulgherò un video che testimonia certi tuoi vizietti. Farebbe furore su YouTube, ne sono sicuro.-

-Che cosa vuoi che faccia?- chiede Burch in tono rassegnato.

-Devi scoprire dove è detenuta Gail Runciter e quali sono i sistemi di sorveglianza. Molto semplice. Fallo e mi dimenticherò di te, prova a denunciarmi e rimpiangerai che non ti abbia ucciso adesso.-

-Come faccio a contattarti se trovo quello che vuoi?-

            Rogers allenta la presa e gli porge un cellulare.

-È un usa e getta. Tu lo userai per scaricare le informazioni ed inviarle all’unico numero memorizzato, poi lo getterai subito via.-

-Va bene.-

-Bravo Sonny. Adesso torna pure ai tuoi piani per la serata… e cambiati i pantaloni.-

 

            Un’elegante casa di Arenaria nel quartiere di Beacon Hill, Boston, Massachusetts. Dire che Liz Mace è nervosa sarebbe, nel migliore dei casi, un delicato eufemismo. La definizione più esatta è che lei, che nei panni di American Dream prima e di Capitan America poi ha affrontato senza praticamente esitare minacce di ogni tipo e pericoli mortali, sta tremando dalla paura mentre si prepara ad affrontare forse la sfida più difficile non per la supereroina ma per la donna.

            Osserva l’uomo e le due donne davanti a sé: suo padre, J. William Mace, capelli biondo cenere spruzzati di grigio, occhiali, ex diplomatico ed ora professore di relazioni internazionali all’università di Harvard; sua madre, Dorothy, capelli neri, ancora attraente, impegnata in questioni sociali; sua sorella Roberta Ann, capelli neri come la madre ma legati a coda di cavallo, quasi al termine del secondo anno di college sempre a Harvard. Li osserva e trae un lungo respiro mentre la sua mano sinistra sfiora la destra di Cary St. Lawrence accanto a lei.

-Allora, Liz…- rompe il silenzio Will Mace -… hai detto che avevi qualcosa di importante da dirci, stiamo ancora aspettando.-

-Non farle pressioni, Will.- interviene Dorothy Mace -Qualunque cosa debba dirci, ed io ho un sospetto al riguardo, ha bisogno del suo tempo.-

-Coraggio, sorellona.- la invita con un sorriso divertito sua sorella Bobbi -Dicci tutta la scandalosa verità.-

            Liz rivolge uno sguardo di fuoco alla sorella ed infine si decide a parlare e non è poi così difficile dopotutto.

 

            Club 21, 52° Strada Ovest, Midtown, Manhattan, New York. Questo è uno dei più vecchi e prestigiosi ristoranti ancora in attività della Grande Mela ed uno dei pochi a richiedere alla clientela un preciso codice di vestiario: per gli uomini è assolutamente necessaria la giacca ed i jeans sono vietati ad entrambi i sessi. Per Daniel Whitehall non fa differenza, lui è abituato a vestiti formali. Sulla quarantina, alto, capelli castani abbondantemente spruzzati di bianco specie alle tempie, occhiali con montatura di tartaruga, veste un completo in Principe di Galles grigio in tre pezzi chiaramente fatto su misura ed a mano.. Ha l’aria del distinto gentiluomo britannico ed in effetti lo è… è anche altre cose sconosciute al grande pubblico, cose non sempre piacevoli.

            In questo momento è concentrato sul filetto alla Strogonoff che gli hanno appena servito e naturalmente sulla bella donna che è seduta davanti a lui: lunghi capelli biondi, occhi azzurri e vivaci, età indefinibile, potrebbe avere meno di trent’anni o più di quaranta, impossibile dirlo con certezza. Indossa un abito nero, lungo senza spalline, scollatura poco profonda e spacchi laterali; sopra il vestito porta un giacchetto rosso ed ai piedi scarpe decolleté con tacco 12, su una sedia è posata una borsetta in tinta con l’abitò. Sia gli abiti, che gli accessori che le scarpe sono di marca anche se Whitehall non sarebbe in grado di dire quali siano.

-Sono contento che tu abbia accettato il mio invito, Juliette.- dice alla sua ospite.

-Ed io sono rimasta sorpresa dal tuo invito Daniel.- ribatte la donna che si fa chiamare Juliette Marlin -Una cena al 21 ed un concerto alla Carnegie Hall. Non ti facevo così mondano.-

-Si vede che non mi conosci abbastanza. Sono uno che apprezza le gioie della vita. Semplicemente ne godo con moderazione. Trovandomi a New York ho pensato che sarebbe stato carino rinverdire la nostra conoscenza.

-Ed il fatto che oltre ad essere Terzo Segretario presso la nostra ambasciata a Washington tu sia anche il capo della rete di agenti del MI6[11] nel Nord America ed io sia stata un’agente anni fa è una pura coincidenza, immagino.-

            Whitehall abbozza un sorrisetto e replica:

-Tu sei stata una delle migliori agenti sotto copertura che la Ditta[12] abbia mai avuto in Oriente e credo che tu possa illuminarmi sul mio omologo cinese Ling Kwai con il quale mi trovo ad avere un’insolita collaborazione.-

-Lo conosco, vai avanti.-

-Quanto ci si può fidare di lui?-

-Quanto una rana può fidarsi di uno scorpione. Se gli converrà, ti pugnalerà alle spalle senza esitazione. Lo pagano per questo.-

-Anche a me, mia cara, anche a me, quindi resta da vedere chi sarà più veloce.  Ma ora lasciamo perdere questi discorsi e concentriamo su questa ottima cena e sul resto del programma della serata.-

            Juliette si dichiara decisamente d’accordo.       

 

 

FINE PARTE PRIMA

 

PARTE SECONDA

 

ALLE PRIME LUCI DELL’ALBA

 

 

1.

 

 

            Aeroporto J.F.K., Queens, New York City. Ad attendere il jet proveniente dalla Russia c’è un’intera squadra di agenti dello S.H.I.E.L.D. ben armati. Assieme a loro c’è un uomo alto e muscoloso dai folti capelli biondi con un ricciolo che gli ricade sulla fronte e che indossa una tuta azzurra con rifiniture bianche ed una stella bianca sul petto. Alla sua destra una giovane donna dai capelli neri che indossa una tuta aderente rossa che le lascia scoperta la schiena ed ha una profonda scollatura sul davanti. La donna in questione ha la mano destra sulla fondina allacciata alla coscia. Alla sua sinistra la ben nota figura di Capitan America.

-E così anche tu sei venuto.- sussurra quest’ultima al biondo.

-Ho contribuito all’arresto di Gail Runciter in Russia…-[13] replica Steve Rogers -… e quando ho saputo che Mike Rogers era evaso, ho capito che avrebbe tentato di liberarla a tutti i costi… perché è quello che avrei fatto io. Siamo molto simili io e lui. È il mio gemello malvagio in un certo senso. Voglio esserci quando tenterà qualcosa.-

-Capisco. È lo stesso per me. Ho dei conti da regolare con lui e delle domande da fargli.-

-Credo che avremo entrambi la nostra opportunità.-

            Steve si china verso Cap e le sussurra:

-Hai poi parlato con la tua famiglia?-

            Liz Mace sospira e risponde:

-L’altro ieri. Mi sono sentita come la protagonista di “Indovina chi viene a cena” ma alla fine lo hanno accettato. Mio padre non era esattamente entusiasta di scoprire che la sua figlia maggiore è bisessuale ed ora sta con una donna ma ha detto che rispetta le mie scelte di vita e spera che io sia felice.-

-Mi sembra un buon inizio.-

            Nel frattempo la prigioniera è scesa scortata da alcuni agenti. È ammanettata mani e piedi ed ha l’aspetto molto provato ma quando passa accanto a Rogers e Capitan America solleva il capo e rivolge loro un’occhiata carica di disprezzo.

-Cosa ha potuto cambiarla così?- mormora Steve.

            Gail Runciter è portata su un furgone in attesa che poi parte verso Manhattan Steve Rogers si dirige verso una vicina auto assieme alla sua compagna, la latinoamericana Donna Maria Puentes e fa cenno a Cap di seguirlo.

-Vieni con noi.- le dice.

Liz si sistema sul sedile posteriore e dopo che l’auto, senza nessuna sorpresa da parte sua, è decollata si rivolge a Steve.

-Dunque tu credi davvero che Mike Rogers tenterà di liberare Runciter durante il tragitto?-

-Ad essere onesti, lo spero.- risponde lui -Lo spero davvero.-

 

            Un’installazione segreta da qualche parte in Virginia. La donna alta, dalle lunghe gambe ed i capelli corvini si chiama Anita Erskine. Se abbia un qualche legame con il celebre scienziato che ha inventato il Siero del Supersoldato nessuno di coloro che lavorano con lei e per lei lo sa. Forse l’unico a saperlo è Henry Peter Gyrich ma in fondo, anche se gli piacerebbe, neppure lui sa tutto.

            In questo momento Anita Erskine sta guardando lo schermo del computer sulla sua scrivania e sorride compiaciuta. I Patrioti hanno avuto il successo sperato. Certo: ci sono voci critiche e diversi media sottolineano il ruolo decisivo di Capitan America e Falcon nella risoluzione della crisi al Campidoglio[14] ma anche questo era previsto. Alla fine Henry Peter Gyrich può essere soddisfatto. Anche lei, ovviamente, anche se non esattamente per gli stessi motivi di quel porco maschilista. L’unico vero problema è l’essere costretta a collaborare con il Dottor Faustus. Avrebbe preferito Karla Sofen, ma non si può avere tutto dalla vita in fondo.

            Anita Erskine si alza, esce dall’ufficio e raggiunge una sala dove sono in attesa una donna in camice bianco e il massiccio Dottor Faustus. Su un lettino, coperta fino al collo da un lenzuolo, giace una donna dai lunghi capelli biondi e la carnagione pallida, per non dire livida, apparentemente priva di sensi.

-Siete sicuri che sia viva?- chiede Anita perplessa.

-Assolutamente.- risponde la donna in camice -I segni vitali sono bassissimi ma ci sono. A quanto pare è caduta in una specie di catalessi.-

-Ed è grazie a questo che sarebbe sopravvissuta per giorni nelle acque del Golfo del Messico? Interessante. Potete rianimarla?-

-Ha una fisiologia interna molto particolare, mutata da una qualche forma di virus che ha riscritto il suo DNA conferendole capacità metaumane, che è poi il motivo per cui è in questo stato.-

-Non le ho chiesto questo, Dottoressa, ma se è possibile rianimarla.-

-Iniettandole il fluido di cui avevamo parlato credo di poterci riuscire.-

-E allora non perda tempo: lo faccia adesso.-

-Devo avvisarla, Mrs. Erskine.- interviene il Dottor Faustus -Ho sentito parlare di questa donna e da quanto ne so, è assolutamente incontrollabile.-

-Non ho chiesto il suo parere, Dottor Faustus.- ribatte la Erskine -Proceda Dottoressa.-

            Qualcosa viene iniettato nelle vene della donna sul lettino che è scossa da una serie di tremiti, poi apre gli occhi e mormora:

-Dove sono?-

-In un’installazione governativa che ufficialmente non esiste.- risponde sorridendo Anita -Benvenuta tra noi, Dottoressa Covington.-

 

            Da qualche parte lungo il percorso tra Jamaica, Queens e Turtle Bay, Manhattan. L’uomo all’interno dell’elicottero osserva con un potente binocolo il furgone sotto di lui.

-Sono appena passati.- dice in un Inglese dal chiaro accento russo.

<<Ottimo!>> risponde via radio una voce maschile <<Sapevo che il nostro informatore non ci aveva mentito.>>

-Sull’auto volante che segue il furgone c’è quel tipo che ci ha messo i bastoni tra le ruote a Mosca assieme alla sua donna e a Capitan America.-

<<Esattamente come previsto. Iron Maiden…>>

<<Sono pronta Compagno Rogers.>> replica da un’altra parte una voce di donna.

<<Allora pronti al mio segnale. ADESSO!-

 

 

2.

 

 

            Triborough Bridge tra Astoria, Queens e Wards Island, Manhattan. Una moto taglia improvvisamente la strada al furgone cellulare dello S.H.I.E.L.D. che trasporta Gail Runciter ed il guidatore getta qualcosa a terra. La moto scivola sull’asfalto mentre il suo guidatore spicca un salto degno di un campione olimpionico e balza oltre il parapetto del ponte.

            Un’esplosione scuote il furgone che rimane per un attimo sospeso in aria per poi ricadere su un fianco con un tonfo mentre il traffico impazzisce, auto si scontrano tra di loro, qualcuna fa testacoda, qualche altra finisce contro le paratie del ponte.

-Maledizione!- esclama Steve Rogers -Maria, atterra appena puoi, io vado giù.-

            Senza attendere oltre Steve si getta dall’auto e subito dalle sue ascelle si dispiegano delle ali di tela che rallentano la caduta.-

-Vado anch’io.- dice a sua volta Capitan America lanciandosi nel vuoto.

-Es loca.- commenta Donna Maria Puentes mentre cerca un posto dove planare.

            Cap vede avvicinarsi il suolo e pensa che avere nei paraggi Falcon le farebbe davvero comodo o almeno avere un cavo come quello di Devil o una ragnatela come l’Uomo Ragno. Inutile avere rimpianti, pensa mentre le sue dita si stringono ai cavi del ponte. I guanti la proteggono dall’attrito ma non dal dolore però lei resiste e mantiene la presa.

            Improvvisamente sente dei colpi secchi alla schiena. Le hanno sparato ma lo scudo fissato alla schiena ha assorbito l’impatto, tuttavia la sorpresa le ha fatto perdere la presa ed ora cade verso l’East River. Alzando gli occhi vede che il cecchino sta sparando da un elicottero poi l’acqua la inghiotte.

 

            Un’installazione segreta da qualche parte in Virginia. La Dottoressa June Covington si alza dal lettino e si infila un camice da laboratorio.

-Per ora va bene cosi.- dice -Più tardi spero che mi troverete dei vestiti… e delle scarpe decenti.-

-Di questo non deve preoccuparsi, Dottoressa.- la rassicura Anita Erskine -Avrà tutto ciò che le serve: abiti, un alloggio, attrezzature adeguate e perfino uno stipendio… sempre che accetti di lavorare per noi.-

-E se non accettassi, mi uccidereste?-

-Oh, io dubito seriamente che lei possa essere uccisa, Dottoressa, ma di certo potremmo rimetterla in coma e seppellirla così profondamente che nessuno la ritroverebbe mai.-

            June Covington si passa una mano sul mento e riflette. Infine dice:

-Se ho capito bene siete una specie di agenzia governativa segreta.-

-Tanto segreta che non ha nemmeno un nome e la sua esistenza è nota solo a poche persone selezionate. Il nostro scopo è trovare mezzi per tenere sotto controllo o neutralizzare la crescente popolazione superumana. Ci sono altre installazioni come questa negli Stati Uniti dove si persegue quest’obiettivo.-

-Insomma, siete un altro Consorzio Ombra.-

-Il Consorzio Ombra voleva consegnare il Mondo nelle mani di una ristretta èlite. Noi lavoriamo per il bene della comunità.-

-Non sono certa di cogliere la differenza. Cosa fate esattamente qui?-

-Creiamo ed addestriamo supersoldati, qualcosa che dovrebbe trovare familiare. Potremmo definirci Progetto Rinascita 3.0 dopotutto.-

-Il posto adatto ad una che si chiama Erskine. Bene, sono dei vostri. Dove devo firmare?-

-Alle formalità penseremo dopo. Ora mi tolga una curiosità: è vero che lei è capace di rianimare i morti?-

            June Covington sorride divertita. Era certa che si sarebbe arrivati a questo.

 

            Triborough Bridge tra Astoria, Queens e Wards Island, Manhattan, pochi minuti fa. Steve Rogers plana sul ponte e ritrae le ali ascellari poi corre verso il furgone rovesciato. Non ci arriva perché qualcuno gli sferra un calcio alle reni.

            Stringendo i denti e soffocando il dolore Steve si lascia cadere a terra. Rotola sull’asfalto, si gira su se stesso e si trova davanti il motociclista che ha dato il via al caos e che si toglie il casco rivelando un volto pressoché identico al suo a parte le tempie grigie ed una sottile cicatrice su una guancia, il volto del suo presunto cugino Mike Rogers.

-Era destino che ci ritrovassimo.- dice quest’ultimo.

-Fallirai anche stavolta.- ribatte Steve e gli sferra un calcio che l’altro evita di misura.

            Con un balzo è di nuovo in piedi e lui ed il suo quasi omonimo iniziano una sorta di balletto fatto di colpi e parate, di finte e controfinte.

            Improvvisamente odono dei colpi e vedono Capitan America perdere la presa e cadere nel fiume sottostante.

-No!- urlano quasi all’unisono.

            Con sorpresa di Steve, Mike molla la lotta, scatta verso il parapetto e si tuffa di sotto. Steve non perde tempo a farsi domande inutili e lo imita.

 

 

3.

 

 

            East River, adesso. Se non fosse per il suo addestramento, adesso Capitan America sarebbe probabilmente morta. È riuscita ad attutire l’impatto con l’acqua ma è rimasta comunque stordita e non sa se le rimane abbastanza fiato per risalire. Le braccia si fanno sempre più pesanti ed un velo le sta calando sugli occhi ma è decisa a non cedere.

            Varie immagini le passano davanti agli occhi: i suoi genitori, sua sorella, suo fratello Jeff, Marty Mitchell, Mike Rossi e soprattutto Cary St. Lawrence. Non può deluderli, deve vivere.

            Improvvisamente si sente tirare su ed una voce che dice:

-Vivi, maledizione! Non ti permetterò di morire.-

            Liz tossisce, sputa acqua e poi sbatte gli occhi. Le ci vuole un po’ per recuperare pienamente la vista e quando accade è sulla riva di Manhattan e Steve Rogers è chino su di lei.

-Mi hai salvato.- gli dice.

-Non sono stato io.- replica lui -Ce l’avevi quasi fatta da sola, poi l’altro Rogers, Mike, ti ha trascinato a riva per poi scappare. Avrei potuto inseguirlo ma ho preferito occuparmi di te. Ci saranno altre occasioni.-

-Ha preferito salvare me invece di provare a liberare la sua compagna? Perché?-

-Speravo che lo sapessi tu.

            Liz scuote la testa perplessa. Già in altre occasioni Mike Rogers aveva evitato di ucciderla ed in una aveva addirittura protetto la sua identità segreta, ma lei non sa spiegarsi il perché.

-Ad ogni modo, non ha rinunciato a nulla.- spiega Steve -Sapeva benissimo che Gail non era in quel furgone o non si sarebbe comportato come ha fatto.-

            In quel momento dal ponte arriva una giovane donna bionda, è Yelena Belova, la Vedova Nera ufficiale.

-Mi spiace, Comandante…- dice contrita -… ma il ribaltamento del furgone mi ha colto completamente di sorpresa e non sono riuscita ad intervenire in tempo.-

-Non ha importanza.- replica Steve -Il nostro avversario è stato in gamba: ha anticipato le mie mosse ed ha agito di conseguenza. Ha creato una diversione per noi mentre la sua complice eseguiva la vera manovra di liberazione di Gail ma avrà una bella sorpresa perché anch’io ho previsto almeno una delle sue mosse.

 

            Quartier Generale dello S.H.I.E.L.D., Turtle Bay, Manhattan, New York City, venti minuti fa. L’elicottero senza contrassegni atterra sul tetto dell’edificio che ospita anche le prigioni della più grande agenzia spionistica del Mondo e ne viene fatta scendere Gail Runciter.

            Improvvisamente una delle agenti che aspettavano sul tetto estrae la sua pistola e spara in rapida successione agli altri, compresa la scorta di Gail che nel frattempo si è gettata a terra.

-Iron Maiden!- esclama.

-Muoviamoci.- le intima l’altra porgendole una mano.

-No, tu non sai…-

-Sorpresa!- esclama uno a degli agenti apparentemente morte mentre balza in piedi le si sbarazza dei vestiti, rivelando un costume rosso e blu, e di una maschera che ne cela un’altra: una bandana rossa che gli copre il volto dagli occhi in giù.

-Jack Flag!- esclama Iron Maiden sorpresa.

-Vedo che mi conosci anche se non ci siamo mai incontrati, ne sono lusingato.- ribatte il giovane supereroe patriottico -Ora ti arrendi con le buone o dobbiamo proprio batterci?-

            Melina Solokova si guarda intorno: gli agenti che credeva di aver ucciso sono ancora tutti vivi, indossavano dei giubbotti antiproiettile, è ovvio, così come è ovvio che è caduta in trappola, ma arrendersi non è un’opzione.

            Spara contro il motore dell’elicottero che esplode. Istintivamente Jack Flag si getta a terra evitando i frammenti incandescenti. Quando rialza la testa vede Iron Maiden gettarsi oltre il tetto. Vuole suicidarsi piuttosto che essere catturata? No! C’è un altro elicottero vicino al tetto. Jack vede un uomo biondo vestito di nero ai comandi. Un complice venuto a salvarla e lei è riuscita ad aggrapparsi all’ultimo momento al velivolo.  Lui d’altro canto non ha speranze di poterla imitare.

-Jack, qui!-

            È Donna Maria Puentes con la sua auto volante. Ferma davanti al tetto. Jack Flag non perde tempo e balza a bordo.

 -Becchiamo quei puercos.- afferma la ragazza.

            Purtroppo i due devono rendersi conto che l’elicottero è decisamente più veloce della loro vettura.

-Li beccheremo la prossima volta.- commenta Jack -C’è sempre una prossima volta.-

 

            Un hotel nel Lower East Side di Manhattan, New York City, Adesso. Quando Liz Mace rientra nella loro stanza, a Cary St. Lawrence basta guardarla per capire che non tutto è andato come doveva.

-Cos’è andato storto?- le chiede.

-Io.- risponde Liz.

            In poche parole le riassume gli ultimi avvenimenti e conclude dicendo:

-Non sono stata all’altezza. Mi sono comportata da dilettante ed il risultato è che Mike Rogers ci è sfuggito.-

-Ok, non sei perfetta ma non crocifiggerti per questo. Sei in gamba ed impari dai tuoi errori. La prossima volta quel tizio, Rogers, non ti sfuggirà.- replica Cary.

-Ne sei davvero convinta?-

-Puoi scommetterci il tuo bel culetto, tesoro.-

            Liz scoppia a ridere poi abbraccia la donna davanti a lei

-Ti amo.- le sussurra.

            Le due donne si baciano e quando le loro labbra si staccano Cary dice ancora:

-Mi chiedo perché quel Rogers continui a proteggerti. Che sia innamorato di te anche lui?-

-Non lo so.- replica, pensierosa, Liz -Ma ho la brutta sensazione che quando lo scoprirò la risposta non mi piacerà.-

 

 

FINE PARTE SECONDA

 

PARTE TERZA

 

LO STATO DELL’UNIONE

 

 

1.

 

 

Philip A. Hart Senate Office Building, Washington D.C. Liz Mace deve ammettere di sentirsi un po’ nervosa. Affrontare un processo come avvocato militare o una banda di terroristi nei panni ddi di Capitan America la preoccupa decisamente di meno dell’audizione della Commissione del Senato sull’intelligence. Invidia l’apparente imperturbabilità di Cary St. Lawrence e del Generale Kragg.

Le sedute della Commissione sono perlopiù a porte chiuse per ovvi motivi e questa non fa eccezione. Il Senatore del Mississippi Arthur Woodman, la squadra con aria corrucciata. Non deve essere un tipo che sorride molto. Avrà qualche pregiudizio sulle donne nell’apparato militare?

-Se ho ben capito, Maggiore Mace…- dice scandendo bene le parole -… lei è in realtà un avvocato militare.-

-Sì, sono un membro del J.A.G.[15] della Marina e sono stato distaccata all’unità di Camp Lehigh.-.

-Come l’ha chiamata il Colonnello St. Lawrence? Ah sì: Unità Antiterrorismo della Difesa. Non credo di aver trovato nulla del genere nei briefing che abbiamo ricevuto dal Pentagono.-

            Liz abbozza un sorriso e replica:

-Non abbiamo un nome ufficiale e nemmeno un acronimo interessante. Potremmo definirci Unità di Risposta a Minacce non Convenzionali.-

-Per non convenzionali intende superumane?-

-Non necessariamente. L’Hydra, ad esempio, è composta in genere da comuni esseri umani che però usano tattiche ed armi fuori dall’ordinario.-

-In effetti…- interviene il Senatore Andrew Bolt di New York -... sostituire funzionari governativi con loro cloni non è esattamente una tattica normale.-

-Già, i cloni.- borbotta Woodman -Che può dirci delle indagini al riguardo? Avete individuato tutti quelli che sono stati infiltrati?-

-Quelli infiltrati dai Russi, sì, disponevamo di una lista accurata. Quelli dell’Hydra non ne siamo ancora sicuri, purtroppo ma ci stiamo lavorando assieme allo S.H.I.E.L.D., l’F.B.S.A. ed altre agenzie antiterrorismo.-

-Quindi, in teoria, anche uno di noi potrebbe essere un clone, forse più d’uno.- dice ancora Bolt.

-Questo posso escluderlo con una certa sicurezza.-

-Come mai?-

            Liz si concede un sorriso e risponde:

-Lo S.H.I.E.L.D. ci ha… prestato un congegno, una sorta di analizzatore portatile che la responsabile della sicurezza della nostra unità, il Colonnello Carolyn St. Lawrence, ha usato per analizzare tutti i presenti in quest’aula e stando ad esso non ci sono cloni qui.-

-Ci ha controllato senza avvertirci?- sbotta Woodman -Questo è intollerabile.-

-Si calmi Woodman - a parlare con voce ferma e autorevole è stato Robert Kelly del New Hampshire, Vice Presidente della Commissione come membro di rango della Minoranza -Il Colonnello St. Lawrence ed il Maggiore Mace hanno agito con saggezza: dovevano sapere e non potevano mettere in guardia eventuali cloni tra noi.  I miei complimenti, signore.-

-La ringrazio, Senatore.- replica Liz sentendosi più sollevata.

 

            Ala Ovest della Casa Bianca, Pennsylvania Avenue, Washington D.C.  Henry Peter Gyrich siede nel suo ufficio personale e riflette. Da quando ha accettato l’incarico di Consigliere del Presidente degli Stati Uniti per gli Affari Superumani il suo unico scopo è stato trovare un modo per contenere la potenziale minaccia dei superumani. Non ci sono vie di mezzo per quanto lo riguarda: o i superumani sono sotto il controllo del Governo o vanno neutralizzati ed è per questo che ha organizzato una struttura parallela al tanto vantato, ma per lui non abbastanza efficiente, F.B.S.A., una struttura agile e segreta in cui sono stati arruolati anche personaggi dalla moralità discutibile ma privi di quegli scrupoli che hanno sempre frenato il pur ben intenzionato Jasper Sitwell.

            Personaggi come la donna con cui è in videoconferenza da New York in questo momento. Kristin Svenson è una psichiatra che ufficialmente è consulente esterno dell’ufficio di Gyrich ma in realtà è Karla Sofen, alias la supercriminale Moonstone. Ha ricevuto l’immunità per tutti i suoi reati dopo che ha aiutato a sgominare il famigerato Consorzio Ombra ed ha avuto l’opportunità di rifarsi una vita grazie al Programma Federale di Protezione Testimoni ma per una come lei limitarsi a fare la psichiatra era troppo noioso e l’offerta di Gyrich era troppo allettante per non accettarla.

<<Cosa posso fare per te, Peter?>> gli chiede.

-Le ho già detto di non prendersi troppe confidenze, Dottoressa Sofen.- ribatte, gelido, Gyrich.

<<Ai suoi ordini, Mr.  Gyrich. Cosa posso fare, dunque, per lei, Signore?>>

            Il tono sottilmente irridente della donna è per Gyrich decisamente irritante. Si diverte a provocarlo è ovvio ma con lui non funziona o almeno è questo che si dice.

-Mi ha detto che l’Agente Zero è pronta, me lo conferma?-

<<Certo… ed aggiungo che è impaziente di tornare in azione.>>

-E l’azione avrà. Ho per lei una missione adatta alle sue capacità… ed attitudini.-

 

            Da qualche altra parte. Una serie di foto scorre su uno schermo gigante ed una voce le illustra ad un piccolo ma attento uditorio.

            La prima foto ritrae un uomo bianco sui quarant’anni.

-Andrew Bolt,  Senatore ad interim per lo Stato di New York.  È stato designato a sostituire il defunto e non troppo compianto Miles Brickman.[16] Ora si gioca tutto nell’elezione speciale a novembre.

            Le seconda mostra un afroamericano dal fisico tonico e lo sguardo severo.

-Samuel T. Wilson, Rappresentante del 13° Distretto dello Stato di New York, che comprende, tra gli altri, Harlem e parte del South Bronx.-

            Altro afroamericano, un po’ più basso e coi baffi.

-Joshua Cooper, candidato a Rappresentante del 7° Distretto dello Stato di New York, Brooklyn e parte di Queens.-

            Ennesima afroamericana, donna attraente sui 25/30 anni.

-Stephanie Hunter, candidata a Rappresentante del 10° Distretto dello Stato di New York, Morningside Heights e il Greenwich Village tra gli altri.-

            Altra donna, stavolta bianca, capelli neri, occhi azzurri, sulla trentina.

-Deborah Harris, candidata a Sindaco di New York.-

            L’uomo fa una pausa mentre le foto sono inquadrate in fila sullo schermo e guarda Il suo uditorio: un uomo elegante seduto su una poltroncina affiancato da due donne anch’esse ben vestite. Alla fine dice:

-Questi sono i bersagli, domande?-

 -Li vuole morti. tutti?.- chiede l’uomo -Potrebbe essere un problema.-

-Pensa di non esserne in grado?- ribatte l’uomo in piedi -Non mi dica che lei e la sua organizzazione siete sopravvalutati.-

La donna seduta a sinistra sta per ribattere ma quello che ha parlato prima le mette una mano su un braccio e replica:

-Cinque candidati ad una carica pubblica tutti residenti nell’area di New York City e tutti dello stesso partito che muoiono in breve tempo? Attirerebbe l’attenzione anche del più ottuso degli investigatori e sono sicuro che lei non voglia sollevare attenzioni indesiderate., specie considerando che almeno tre di quei candidati hanno dei collegamenti con noti supereroi.-

Il fatto che l’uomo in piedi taccia è una risposta significativa. Dopo qualche istante chiede:

-E cosa proponete invece?-

            È la donna seduta a destra a rispondere con voce ferma e sicura:

-Una campagna mirata: disinformazione, notizie false mescolate a quelle vere, qualche scandalo di quelli che oggi li costringerebbero a mollare… e sì: forse qualche morte, non necessariamente la loro.-

-Li voglio fuori dalla corsa.- ribadisce il loro committente- Come ci riuscirete non m’interessa, purché sia fatto.. Pensate di esserne in grado?-

-Ci sono poche cose che non possono essere fatte per il giusto prezzo.-  ribatte con tranquillità l’uomo seduto.

-Mi dica una cifra.-

            L’altro gliela dice ed aggiunge:

-Metà subito e metà a lavoro finito. Non è negoziabile e naturalmente l’anticipo non è restituibile.-

            Il committente tace apparentemente riflettendo poi, qualche istanze dopo dice:

-Sta bene. Mi dica dove accreditare l’anticipo.-

 

 

2.

 

 

            Una villa apparentemente abbandonata nei pressi di Sayville, Maryland. Il volto della donna in videoconferenza da Mosca è oscurato ma è una precauzione inutile, perché Mike Rogers è ragionevolmente sicuro di sapere chi sia.

<<Le ho concesso il tempo che aveva chiesto per liberare la sua amica e perfino l’aiuto del mio uomo per questo scopo, Mr. Rogers, ma ora sta a lei adempiere alla sua parte del patto.>> dice con voce dura la donna in questione.

            Mike Rogers non replica. Non è sua abitudine recriminare sui fallimenti. Ha provato a liberare Gail Runciter ed è andata male. Ci riproverà al momento giusto. Per ora, da bravo professionista, deve concentrarsi sul lavoro da fare.

-Questo era sottinteso, Signora.- dice semplicemente -Inizieremo le operazioni immediatamente.-

 

            McLean, Fairfax County, Virginia. Nikki Adams è al secondo caffè quando nel locale entra un afroamericano dal fisico robusto con il viso incorniciato da una barbetta rada che termina con un pizzetto a mosca, indossa un completo scuro e nella destra ha una valigetta di pelle.. Individuata Nikki di avvicina al suo tavolo.

-Ciao, Edmond.- lo saluta lei -Siediti pure,-

Edmond Atkinson si siede e senza mezzi termini:

-Cosa dovevi chiedermi che non potevi dirmi per telefono, Nikki?-

-Di questi tempi i telefoni non sono sicuri, dovresti saperlo, Ed. Credevo che voi dell’Ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale foste tutti paranoici e maniaci della sicurezza.-

            L’altro non replica e Nikki posa una busta sul tavolo spingendola verso di lui ed aggiunge:

-Qui dentro c’è un rapporto dell’ufficio di intelligence del Dipartimento di Stato. Qualcuno lo ha editato e non lo ha fatto abbastanza bene da impedire che me ne accorgessi. Voglio sapere chi è e cosa ha soppresso.-

-Tu o il Congressista per cui lavori?

-Non fa differenza: Sam Wilson è un membro della Commissione della Camera sull’Intelligence e se qualcuno nasconde informazioni alla Commissione è ovvio che vuol saperlo. È un reato, sai?-

            Atkinson fa scivolare rapidamente la busta nella sua valigetta poi si alza.

-Ti farò sapere.- dice semplicemente.

-Non prendi un caffè.?-

-Non ho tempo. Devo andare adesso. Ci sentiamo tra un paio di giorni. Mi farò vivo io.-

            Edmond Atkinson si alza e se ne va. Nikki resta a sorseggiare il suo caffè inconsapevole di essere osservata da un paio d’occhi attenti.

 

            Philip A. Hart Senate Office Building, Washington D.C. Mentre attende che finisca l’audizione di Cary St. Lawrence, Liz Mace sente vibrare il suo cellulare. Con mosse rapide si alza in piedi e guadagna l’uscita dall’aula e contemporaneamente guarda Il display: numero sconosciuto. Chi mai può essere? Decide di rispondere.

-Pronto?-

<Ci sarà un attentato a Semyon Lugansky domani alle 14 zero zero.>>

Voce di uomo. Le è familiare. Ha usato il gergo militare per l’orario.

-Chi sei?- chiede ma la telefonata è stata interrotta.

-Problemi?-

            Liz si volta di scatto e si trova davanti Franklin Mills.

-Calma.- le dice lui -Non ho intenzioni ostili.-

-Scusami, ma ho ricevuto una telefonata che mi ha… innervosito. Sono stata appena avvertita che tenteranno di assassinare un uomo… un Russo, credo.-

-Cosa? Chi è stato? E perché ha avvertito proprio te?-

            Liz pensa di conoscere la risposta ad entrambe le domande ma la cosa non ha senso? Perché lui avrebbe dovuto avvertirla?

 

 

3.

 

 

            Brooklyn Heights, Brooklyn. Josh Cooper fatica ancora a crederci ma è così: ha vinto le Primarie del Partito Democratico ed ora è il suo candidato ufficiale per il seggio congressuale del Settimo Distretto. Afroamericano, insegnante di sostegno nella scuola del suo quartiere non ha mai minimamente pensato a candidarsi ad una carica pubblica e men che meno al Congresso, ma gli esponenti di un gruppo di azione politica lo hanno cercato e gli hanno detto che non è più tempo di stare a guardare, ma di agire e lui si è lasciato convincere. Con un budget quasi inesistente ja sfidato dei candidati molto più esperti, vecchie volpi della politica con molti più mezzi ma gli elettori hanno scelto lui.

-E adesso?- chiede al suo manager elettorale?-

-Adesso pensiamo a vincere le elezioni.- gli risponde Sammy Bernstein.

 

Sezione Stati Uniti dello S.H.I.E.L.D., Washington D.C.  Nonostante la sua ancor giovane età Margaret Huff è un’agente esperta della più grande agenzia di sicurezza e intelligence del mondo con il suo bravo carico di brutte esperienze. G.W. Bridge il massiccio afroamericano dalla barba e capelli bianchi che dirige la sezione americana dello S.H.I.E.L.D., l’ha scelta personalmente per il ruolo di capo dello staff e questo vuol dire che sulla sua scrivania passano un bel po’ di problemi scottanti. Non è certo l’improvviso arrivo di Capitan America che entra dalla finestra che può sorprenderla.

-A cosa dobbiamo l’onore?- chiede.

-Ho bisogno di un’informazione su una persona.- risponde Cap.

-E non ti basta internet per questo?-

-Su internet ho trovato chi è e cosa fa ma non perché qualcuno dovrebbe volerlo uccidere domani alle due del pomeriggio.-

-Cosa?- Margaret perde decisamente la sua imperturbabilità -Chi sarebbe questa persona?-

-Semyon Lugansky. Stando a Wikipedia è una specie di ambasciatore.-

-Fammi dare un’occhiata.- Huff digita qualcosa sul suo computer ed alla fine sullo schermo appare una scheda -Semyon Anatolyievitch Lugansky, Ministro-Consigliere, che vuol dire che è il numero due dell’Ambasciata russa qui a Washington, un passato nell’esercito e poi un servizio impeccabile nel Ministero degli Esteri russo. Nulla che spieghi Perché qualcuno dovrebbe volerlo morto.-

-Eppure è così che mi è stato detto.-

-E chi sarebbe questo tuo informatore?-

-Puoi anche non crederci ma io sono quasi sicura che sia stato il killer in persona.-

            Margaret Huff è davvero perplessa.

 

            Procura degli Stati Uniti per il Distretto Sud dello Stato di New York, St. Andrew’s Plaza, Manhattan, New York City. Il massiccio avvocato Frank Raymond entra nell’ufficio del Procuratore ad interim Evelyn Stanzler, una donna tra i quaranta ad i cinquant’anni dai capelli castani, gli occhiali e l’aria severa. Un bel cambiamento rispetto a Franklin Nelson e non in meglio, pensa Raymond mentre stringe la mano della donna e dell’uomo in piedi accanto alla scrivania: 30/35 anni, completo gessato grigio, occhiali con montatura di tartaruga, taglio di capelli impeccabile e rigido come se avesse un manico di scopa ficcato nel sedere.

La donna invita Raymond a sedersi e gli chiede:

-Come mai voleva vedermi?-

-Saprete sicuramente che mio fratello Ronald è attualmente sotto processo davanti al Tribunale statale a Manhattan.- esordisce l’avvocato.

-Il caso del Cacciatore Notturno, certo.- interviene il giovanotto il cui nome è Roger Vane -Non è di nostra competenza.-

-Ma lo diventerà se accetterete l’accordo che intendo proporvi.- ribatte Raymond.

-Credevo che l’avvocato di suo fratello fosse Big Ben Donovan.- replica la Stanzler -Intende revocarlo?-

-Lui non potrebbe mai proporvi quello che sto per dirvi perché sarebbe in conflitto d’interessi ma io non mi pongo di questi problemi.-

-Che accordo?-

-Voi fate entrare mio fratello nel Programma Protezione Testimoni ed io vi consegnerò Morgan.-

 

 

FINE PARTE TERZA

 

PARTE QUARTA

 

NIENT’ALTRO CHE LA VERITÀ

 

 

1.

 

 

 Harlem, New York City, qualche tempo fa. Belinda Scott indossa solo una camicia da uomo e si muove a piedi scalzi per la stanza dettando appunti al suo tablet. Lei è la prima che ha potuto ottenere un’intervista dal boss di Harlem ed è convinta di poter ottenere la sua partecipazione al suo talk show, dopotutto sono intimi ora, uno sviluppo imprevisto ma tutto sommato gradevole.

            Sorride mentre Morgan, che ha indosso solo dei boxer, si muove verso di lei e fa a sua volta un passo avanti. Pochi millimetri ma che fanno la differenza di una vita.

            Forse Morgan vede la scia del mirino laser e forse la avvertirebbe se ne avesse il tempo, ma il tempo sa essere tiranno a volte.

            Linda non sente nemmeno il colpo, il sangue e la materia cerebrale schizzano via dalla sua nuca. È già morta prima di toccare il pavimento.

            Morgan si getta a terra e rimane sdraiato finché non è sicuro che non ci saranno altri spari. Mentre si rimette in piedi due domande gli vengono alla mente: chi è quel figlio di puttana che ha sparato e cosa fare del corpo della ragazza?

            Prende il cellulare e chiama i suoi uomini all’esterno dell’edificio, poi comincia a rivestirsi. Ha appena finito che si rivolge ai suoi uomini:

-Ripulite questo casino e fate sparire il cadavere.-

-Che ne dobbiamo fare, Boss?-

-Quello che vi pare purché nessuno la possa collegare a questo posto e distruggete la camicia. Non deve restarne in giro neanche il più piccolo pezzettino.-

            Si ferma a guardare il corpo di Linda Scott e si ritrova a pensare a che spreco sia la sua morte. Non ci saranno interviste, pare ed è un peccato, Si è divertito con lei ma ora deve pensare a se stesso. Non può essere coinvolto in quest’omicidio e deve proteggersi. Volevano uccidere lui, ne è certo, e sicuramente ci riproveranno.

            Poco più tardi mani robuste scaricano qualcosa di pesante nell’Harlem River. Il cadavere di Linda Scott comincia il suo ultimo viaggio fluviale.

 

            Carcere di Ryker’s Island, Bronx, New York City, oggi.  Ron Raymond termina il suo racconto poi guarda negli occhi i suoi interlocutori e dice:

-È così che è andata, più o meno. I dialoghi li ho riportati come li ricordo ma dovrebbero essere abbastanza corretti.-

-I dialoghi, appunto.- commenta Roger Vane -Come fa a conoscerli? Non era dentro la stanza.-

-C’era un microfono direzionale. Morgan era talmente sicuro di sé che non ha mai pensato di schermare casa sua. Prima di cercare di ucciderlo e colpire Linda Scott per errore l’ho spiato per alcuni giorni ed ho registrato altre sue conversazioni. Ho le registrazioni in un luogo sicuro.-

-E provvederò io stesso a fornirvele non appena avremo firmato l’accordo, naturalmente.- interviene Frank Raymond.

-L’accordo, già..- borbotta Vane -La sua testimonianza non basterebbe: un vigilante omicida reo confesso. Un avvocato anche solo discreto farebbe a pezzi la sua credibilità in un minuto ma con le registrazioni… tu che ne pensi Maxine?-

            Maxine Lavender, un’afroamericana alta e slanciata come un’atleta olimpionica, ha fama di essere una dei pubblici ministeri più tosti ed agguerriti della Procura Distrettuale della Contea di New York, ovvero Manhattan, è suo il caso del Cacciatore Notturno. Ora scuote la testa perplessa.

-Anche le registrazioni possono essere attaccate.- dice infine -Sono state effettuate illegalmente da un criminale mentre pianificava un omicidio ed ottenute da noi come? Ma anche se non potessimo usarle direttamente, potremmo sempre partire da lì per trovare prove valide ed inattaccabili. Potremmo porre fine all’impero di Morgan. Non ci siamo andati mai così vicini.-

-Esattamente il mio pensiero. Allora, che dici?-

-Che devo parlarne col mio capo ma credo che dirà di sì.-

            Frank Raymond si concede un sorriso di soddisfazione.

 

            Davanti all’Ambasciata della Federazione Russa, Wisconsin Avenue n. 2650, Quadrante Nord Ovest, Washington D.C., ore 13:44 della Costa Orientale. Capitan America guarda l’edificio bianco davanti a lei e si chiede come e quando avverrà l‘attentato, perché avverrà, ne è più che certa. Lui non è il tipo da mentire su questo.

<<Per ora nulla di nuovo.>> dice una voce nota nell’auricolare della maschera.

-Accadrà, tranquillo.-

<<Speriamo, perché mi sto annoiando. Il nostro amico sta arrivando proprio adesso.>>

            Una Mercedes sta, infatti, rallentando mentre si avvicina ai cancelli dell’ambasciata russa. Sono quasi le due. Se deve accadere qualcosa è questo il momento.

<<Attenta! Moto in avvicinamento.>>

            Una due ruote si avvicina rombando a tutta velocità puntando verso la Mercedes.

 

 

2.

 

 

            Complesso del Watergate, edificio Sud, Washington D.C., qualche ora prima.  Nikki Adams si sveglia e si stira le braccia accorgendosi di essere sola nel letto. Sam deve essere in bagno o da qualche altra parte in casa, non è il tipo da andarsene senza salutare e difatti ecco la sua camicia ancora appoggiata sulla sedia.

            Sorridendo Nikki si alza dal letto e si infila proprio la camicia di Sam Wilson poi si dirige in cucina dove Sam, ovviamente a petto nudo, sta preparando la colazione per entrambi.

-Ma guarda!- esclama la donna -Sei un vero uomo di casa.-

-Quando si è single da una vita come me, certe cose si imparano per forza.- replica lui.

            Si siedono e fanno colazione in silenzio, un silenzio rotto alla fine da Sam:

-Quando hai detto che dovrebbe richiamarti quel tuo amico?-

-Ed? Mi ha chiesto un paio di giorni e credo che ce la farà.-

-Come lo hai conosciuto?-

-Università. Io ero una matricola e lui era al secondo anno post diploma, avrebbe preso ii Master in Relazioni Internazionali poi ha fatto domanda per entrare nel F.B.I.-

-Esattamente, quanto eravate amici?-

            Nikki scoppia a ridere e ribatte:

-Mi stai chiedendo se sono stata a letto con lui oltre che con T’Challa? Pensi che fossi quel tipo di ragazza o sei solo geloso? In ogni caso non ti riguarda. Sono stata con alcuni uomini prima di te come tu sei stato con diverse donne, questo è certo e chiude anche il discorso.-

-Scusami.-

-Non c’è niente di cui scusarsi. Ora diamoci una mossa. Abbiamo… hai una giornata impegnativa.-

            Mezz’ora dopo, vestiti di tutto punto, scendono nel garage e si dirigono verso l’auto di Nikki. Improvvisamente un’auto viene verso di loro a tutta velocità.

            Sam reagisce in un lampo: si getta su Nikki ed insieme rotolano di lato evitando di stretta misura la vettura che senza fermarsi o rallentare imbocca la rampa di uscita.

-Voleva ucciderci!- esclama Nikki -Era qui per noi!-

            A quanto pare, pensa Sam, abbiamo pestato i piedi a qualcuno senza scrupoli.

 

            Wisconsin Avenue n. 2650, Quadrante Nord Ovest, Washington D.C. adesso. Una Harley-Davidson Custom Special sfreccia a tutta velocità verso il cancello dell’Ambasciata russa. In sella c’è una donna che indossa un familiare costume bianco rosso e blu che indossa un casco blu con strisce bianche e rosse da cui spuntano capelli biondi. Taglia la strada alla moto che arriva in senso contrario e che inchioda e gira immediatamente.

            Non mi sfuggirai, pensa Capitan America con determinazione mentre gli uomini del F.S.O.[17] russo si affrettano a spingere ii diplomatico sotto loro scorta all’interno dell’ambasciata.

            Le due moto sfrecciano per le vie trafficate della Capitale americana. Quella di Capitan America guadagna sempre più terreno grazie ad un motore speciale realizzato dal Wakanda Design Group, ma anche l’altro non ha una moto normale.

            Ora stanno correndo lungo la riva del Potomac sempre più vicini ed il suo avversario inchioda di colpo, poi salta giù dalla moto e si tuffa nel fiume.

-No!- grida Liz Mace.

            Non esita un secondo, si sbarazza del casco e lo segue. Una volta sott’acqua cerca di individuare il suo avversario ma l’unica cosa che vede è il suo casco che risale lentamente. Improvvisamente si sente afferrare da dietro e qualcosa premerle sul collo.

 

            Wisconsin Avenue n. 2650, Quadrante Nord Ovest, Washington D.C., pochi minuti fa. Il cecchino inquadra nel suo mirino i Semyon Lugansky che viene spinto lungo il vialetto d’ingresso e verso l’entrata dell’ambasciata russa ed accarezza il grilletto. È un tiro difficile con le guardie del corpo a coprire il bersaglio, ma chi ha detto che non può uccidere anche loro?

            Prima che possa sparare una voce risuona alle sue spalle:

-Ammazzarlo da questa distanza sarebbe poco sportivo, non credi?-

            Il cecchino si volta di scatto. Davanti a lui, in piedi, c’è un uomo che indossa un costume simile a quello di Capitan America ma con il bianco ed il blu invertiti.

            Il cecchino, un uomo biondo in tuta nera si volta di scatto e gli spara una raffica che l’altro para con lo scudo.

-Mi sono chiesto dove mi sarei messo io se mi avessero incaricato di assassinare Lugansky ed ho pensato che questo sarebbe stato il posto perfetto. Avevo ragione pare.-

            L’uomo getta il fucile e scatta in piedi estraendo un pugnale.

-Uomo di poche parole eh? Se ti interessa, io mi faccio chiamare Comandante America. Non molto originale, lo ammetto, ma…-

            Il suo avversario tenta un affondo con il pugnale ma il Comandante America alza lo scudo a pararlo. L’altro gli sferra un calcio al fianco rimasto scoperto.

            L’uomo in costume barcolla e l’altro gli è sopra. Avvinghiati rotolano sul tetto.

-Muori!- esclama il biondo in Russo.

-Non adesso.- replica lui in Inglese mostrando di avere compreso quel che ha detto l’altro.

Blocca il polso del suo nemico e comincia a torcerlo. L’altro non resiste e si limita a rotolare ancora. La spinta li porta oltre entrambi oltre il bordo del tetto. Con un gesto istintivo il Comandante America si aggrappa al cornicione lasciando la presa sul Russo che allarga le braccia e sbatte i tacchi. Un jetpack viene azionato e lo porta lontano.

-Razza di previdente bastardo.- commenta l’americano rizzandosi sul tetto.

            Il suo avversario è scappato ma almeno gli ha impedito di fare il suo lavoro.

 

 

3.

 

 

            Potomac River, tra il Distretto di Columbia e il Maryland. Capitan America reagisce all’attacco sferrando una gomitata al suo avversario che molla la presa.

            Lottando contro il peso del costume inzuppato e dello scudo assicurato alla schiena la giovane donna nuota verso la superficie. Riemerge e prende una boccata d’aria ma subito una mano si serra ad una delle sue caviglie e la trascina di nuovo di sotto.

            È quel bastardo di Mike Rogers, ma cosa vuole davvero da lei? Non c’è logica nelle sue azioni… o c’è ed è lei a non capirla?

            Le sembra di muoversi al rallentatore. Lo vede allontanarsi. Come fa a resistere tanto sott’acqua? È merito del Siero del Supersoldato che gli scorre nelle vene? Non importa: resisterà anche lei e lo inseguirà sino all’Inferno se necessario.

            Lo vede uscire dall’acqua dal lato della Contea di St. Mary in Maryland ed esce anche lei passando lo scudo nella mano destra. Lui è fermo sulla riva e sorride.

-Sembri quasi Venere che esce dalle acque, Lizzie.- le si rivolge in tono irridente -Certo, lei era nuda e tu porti quel costume ma bisogna accontentarsi.-

-Non chiamarmi Lizzie, brutto bastardo.- replica lei con insolita durezza.

-Non è così che ti chiamava tuo fratello Jeff?-

-Non m’importa come fai a saperlo. Non permetterti mai più di chiamarmi così.-

 -La sua morte è una ferita ancora aperta, vero? Povero Jeff. Era bravo ma gli mancava quel che ci vuole per essere davvero Capitan America. Tu invece ce l’hai e ne sei sempre stata consapevole, non è vero?-

-Non nominare ancora mio fratello o ti uccido.-

-Sì, tu lo faresti, te lo leggo negli occhi. Non sei smidollata come Steve.-

            Liz gli sferra un calcio all’addome e quando lui si piega lo colpisce con un sinistro al mento poi, mentre lui è a terra, gli sferra un altro calcio ad un fianco.

-Brava.- le si rivolge Mike -Dai sfogo alla tua rabbia.-

            Lei si ferma e prende un lungo respiro poi dice:

-Non ne vali la pena. Ora alzati, c’è una prigione che ti aspetta.-

-Aspetterà ancora un po’, temo.- replica lui stringendo i pugni.

            Qualcosa rotola ai piedi di Cap ed un lampo improvviso la acceca mentre un rumore assordante la costringe a portarsi le mani alle orecchie. Quando l’effetto finisce, Mike Rogers è scomparso come c’era da aspettarsi. Almeno agli ha impedito di compiere la sua missione.

            Ancora una volta una voce ben nota risuona nel suo auricolare:

<<Temo di avere brutte notizie.>>

            E lo sono davvero.

 

            Ambasciata della Federazione Russa, Wisconsin Avenue n. 2650, Quadrante Nord Ovest, Washington D.C., qualche minuto prima. La donna bionda in tailleur beige percorre il corridoio che porta all’uscita con passo fermo e sicuro come testimonia il ritmico ticchettio dei suoi tacchi sul pavimento.

Si ferma davanti al gruppetto che ha appena spinto all’interno Semyon Lugansky.

-Che sta succedendo?- chiede con una certa curiosità nel tono di voce.

-Crediamo che ci sia stato un tentativo di uccidere il Ministro Lugansky.- risponde il capo scorta.

-Credete?-

            L’uomo racconta quel che è successo compreso l’arrivo in moto di Capitan America e conclude

-Era quasi certamente l’attentato di cui ci aveva avvertito lo S.H.I.E.L.D. ieri, i tempi coincidono.-

-Lo credo anch’io.- si dichiara d’accordo la donna poi si rivolge a Lugansky -Tutto bene, Semyon Anatolyievitc?-

-Tutto considerato sì.- risponde l’uomo -Mi chiedo chi potrebbe volermi morto.-

-Ti devi essere fatto un po’ di nemici quando eri capo di stato maggiore del Generale Zakharov. Magari sono stati i ceceni. Vi consiglio di parlarne con l’Ambasciatore… il che mi ricorda che devo andare Devo consegnare un dono alla moglie dell’Ambasciatore bielorusso. Pensate sia sicuro uscire?-

-Non era lei il bersaglio Maria Ivanova. Perché dovrebbero volerla uccidere?- replica il capo scorta.

-Già, in fondo sono solo una semplice segretaria.-

            La donna saluta i presenti e sale su un’auto in attesa. Mentre esce dal cancello Semyon Lugansky si reca dall’ambasciatore. Nonostante bussi più volte, nessuno apre. Alla fine Lugansky si fa aprire da una guardia ed hanno una brutta sorpresa: l’Ambasciatore giace riverso sulla sua poltrona con la gola tagliata da parte a parte. Sulla scrivania c’è una matrioska raffigurante lo strumento di tortura con fattezze femminili noto come Vergine di Norimberga.[18]

           

Sezione Stati Uniti dello S.H.I.E.L.D., Washington D.C., il mattino dopo. Margaret Huff fa un sospiro rassegnato e dice:

-Ci hanno presi in giro.-

            Capitan America annuisce cupa in volto mentre l’altra donna prosegue:

-L’informazione era corretta ma il bersaglio era sbagliato. Alle 14 esatte Iron Maiden, che impersonava la segretaria personale dell’ambasciatore russo Maria Ivanova Zukhovna, ha ucciso il suddetto ambasciatore lasciando la sua firma sulla scrivania poi è uscita con il pretesto di dover portare un oggetto all’Ambasciata bielorussa. L’auto con cui è partita è stata ritrovata a Georgetown bruciata. All’interno c’era un cadavere riverso al posto di guida, presumibilmente quello dell’autista, altrettanto presumibilmente ucciso da un proiettile alla nuca. Dai resti dell’auto è stato impossibile ricavare un qualunque indizio utile.-

-E la vera segretaria?- chiede il Comandante America.

-Ritrovata nel suo appartamento, distesa sul pavimento, anche lei uccisa da un colpo di pistola alla nuca. Su un tavolino era ben visibile una matrioska raffigurante la Vergine di Norimberga.-

-Iron Maiden, sempre lei.- borbotta Liz Mace

-Quella puttana… scusate il linguaggio, signore… voleva essere proprio sicura che capissimo che era stata lei.- commenta il Comandante America, segretamente Franklin Mills - Notizie, invece del russo con cui mi sono battuto?-

            Su uno schermo davanti a loro appare una foto e Margaret Huff dice:

-Vladimir Illyitch Ulianov, detto Lenin, ex spetsnaz, ora killer a pagamento. Agiva in coppia con il gemello Vassily ma poi lui è rimasto ucciso a Mosca. Non sappiamo perché si sia associato a Mike Rogers,-

-Ma sappiamo che sono ancora liberi e torneranno a colpire. Mi troveranno ancora sulla loro strada.- conclude, risoluta, Capitan America.

 

 

EPILOGO

 

            Università di Harvard, Cambridge, Massachusetts, due giorni dopo. Roberta Ann Mace percorre il campus diretta al piccolo appartamento che divide con un’amica.

            Sente dei passi alle sue spalle ed istintivamente affretta il passo. Anche in un posto come Harvard una ragazza sola di sera può correre dei rischi. Si gira e vede due uomini che indossano le uniformi del Dipartimento di Polizia dell’Università  

Più rilassata Bobbi rallenta ed imbocca il viale del dormitorio passando accanto ad una Lincoln Town Car a cui dedica un’occhiata distratta. Le limousine non sono esattamente una vista insolita a Harvard. Qualche riccone venuto a trovare i figli o per una generosa donazione sicuramente. Poco distante è parcheggiato un SUV nero. Strano, nessuno nei dintorni ha una macchina simile per quanto ne sa lei.

            I passi alle sue spalle si sono fermati quando si è fermata lei. Bobbi si volta e si trova davanti i due poliziotti che la guardano senza parlare.

-C’è qualcosa che non va agenti?- chiede innervosita dalla situazione.

            Uno dei poliziotti impugna una bomboletta e le spruzza qualcosa in faccia.

-Ma che…- comincia a dire la ragazza ma le gambe le cedono.

            I poliziotti la sostengono e la trascinano verso il SUV gettandola all’interno, poi uno di loro si dirige verso la Lincoln il cui finestrino posteriore dal suo lato si abbassa e dall’interno una voce maschile dice:

-Buon lavoro. Ora portatela dove sapete.-

-Che dobbiamo farne?- chiede l’altro.

-Strapazzatela un po’ ma senza lasciarle segni o danni permanenti. Trattenetela un paio di giorni e poi lasciatela, viva, sulla porta della casa di suo padre. Dovrebbe essere un avvertimento sufficiente a fargli capire di non impicciarsi di affari che non lo riguardano..-

            Il finestrino si abbassa e la Lincoln si mette in marcia all’interno una donna si rivolge a chi ha parlato prima:

-Pensi davvero che funzionerà? Da quel che so di lui, non è il tipo che si spaventa facilmente, è un ex militare, ha visto gli orrori del Sudest Asiatico e di altre zone di guerra sia come Marine che come diplomatico, è stato rapito e minacciato di morte più volte. Non è il tipo che cede.-

-Quando si tratta di pericoli o minacce diretti a lui ma verso la sua famiglia? In ogni caso se si ostinasse, passeremo a maniere più forti. Ce ne preoccuperemo al momento opportuno.-

            Il SUV con a bordo una svenuta Roberta Mace si muove in direzione opposta. Poco distante un uomo dai capelli biondi che indossa una tuta nera ed è in sella ad una moto anch’essa nera lo osserva staccarsi dal marciapiedi.

-Pessima mossa.- dice fra sé -Decisamente una pessima mossa… per voi.-

Si infila il casco integrale e si mette alle calcagna del SUV.

 

 

DECISAMENTE NON LA FINE

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            E siamo finalmente arrivati a cento episodi di questa serie e 50 di Liz Mace come titolare. Molte cose sono avvenute in tutto questo tempo. Di solito un episodio con questa numerazione è sempre celebrativo segna un punto di svolta. A modo suo questo lo è. Le vite di quasi tutti i personaggi del nostro cast avranno dei bruschi scossoni, quindi, il mio consiglio disinteressato è: non perdete i prossimi episodi.

            Una parola su Liz Mace. Io spero che abbiate imparato ad apprezzarla e che io sia riuscito a farla crescere come persona. L’idea di rivelare che è bisessuale e farla innamorare di una donna non è, ci tengo a precisarlo, dovuta alla imperante mania del politicamente corretto.

            Infine un ringraziamento a Fabio Volino per avermi concesso l’uso di Franklin Mills, Frank Raymond e Ronald Raymond nonché di idee da lui mai sviluppate a cui posso solo sperare di aver reso giustizia.

            Un ringraziamento va anche ad Andrea Garagiola per l’idea del complotto dei cloni anche per lui vale quel che ho detto per Volino, in più un in bocca al lupo per la sua carriera di sceneggiatore professionista.

            Ed ora, come sempre, un po’ di note sui personaggi apparsi in questa storia su cui daremo ulteriori informazioni nei prossimi episodi:

1)    Josh Cooper è stato creato da Roger McKenzie, Chris Claremont & Sal Buscema su Captain America Vol. 1° #237 datato settembre 1979

2)    Sammy Bernstein è stato creato da J.M. DeMatteis & Mike Zeck su Captain America Vol. 1° #275 datato novembre 1982.

3)    Juliette Marlin è stata creata da Doug Moench & Paul Gulacy su Master of Kung Fu #38 datato marzo 1976.

4)    Margaret Huff è stata creata da Gary Friedrich & Herb Trimpe su Nick Fury, Agent of S.H.I.E.L.D. Vol 1° 1 #14 datato settembre 1969.

5)    Edmond Atkinson è stato creato da Howard Mackie &Andy Smith su X-Factor Vol. 1° #137 datato settembre 1997.

6)    Semyon Lugansky è stato creato da, Garth Ennis & Doug Brathwaite su Punisher Vol. 7° #18 datato maggio 2005.

7)    Vladimir Illyitch Ulianov alias Lenin è una mia creazione basata sul personaggio di Vassily Illyitch Ulianov creato dai Richard K. Morgan & Bill Sienkiewicz su Black Widow Vol. 2° #1 datato novembre 2004, che sarebbe proprio il gemello morto citato nel racconto.

8)    Steve Rogers ed i Vendicatori Segreti appaiono qui dopo Vendicatori Segreti #37.

Nel prossimo episodio: qualcuno minaccia la famiglia di Capitan America. In più: intrighi politici, inganni, gangster e… ah sì, c’è anche l’Hydra. -_^

 

 

Carlo



[1] Se la scena vi sembra familiare è perché è estratta dal finale di Capitan America #50.

[2] United States Navy.

[3] United States Air Force.

[4] Nel numero 50.

[5] La 25° Air Force, il servizio informazioni dell’Aviazione degli Stati Uniti.

[6] Federalnaya Sluzhba Bezopasnosti, ovvero: Servizio di Sicurezza Federale, il servizio di controspionaggio russo simile al F.B.I. ma che non disdegna di operare anche all’estero su ordine del Presidente, specie nelle Repubbliche ex sovietiche.  

[7] Il Palazzo della Lubyanka, nella omonima piazza è la sede del F.S.B. e di una prigione tristemente famosa.-

[8] Vedere Vendicatori Segreti #30.

[9] O così crede lui.

[10] Director of National Intelligence.

[11] Altro nome con cui è conosciuto il Secret Intelligence Service britannico o S.I.S.

[12] Altro nomignolo del S.I.S./MI6.

[13] Sempre su Vendicatori Segreti #30.

[14] Negli ultimi due episodi.

[15] Judge Advocate General, la struttura che fornisce giudici, avvocati e pubblici ministeri al sistema di giustizia militare degli Stati Uniti

[16] Ucciso da Mystica su Lethal Honey #18.

[17] Federalnaya Sluzhba Okhrany, Servizio federale di Protezione, l’agenzia russa che si occupa della protezione degli alti funzionari russi.

[18] Zheleznaya Deva in Russo, Iron Maiden in Inglese.